Roma antica e moderna

Quando le istituzioni della Repubblica muoiono di consunzione

Ad essere sinceri, siamo sufficientemente esausti da questo totonomine per il Quirinale che si è scatenato, fra l’altro, con il Capo dello Stato ancora in carica. Oramai siamo arrivati ad un punto in cui pubblica decenza dovrebbe dire basta. Ci sono le consultazioni fra i partiti, di fatto sono abbastanza irrituali, la situazione del resto è completamente inedita: si abbia la compiacenza di attendere le decisioni delle forze parlamentari. Lo scenario è chiaro. La divisione politica del pd, e l’indifferenza del movimento 5 stelle consente un certo ruolo a Berlusconi ed all’area popolare, Ncd, Udc, che in questa occasione è tornata a ricompattarsi dietro a Forza Italia. La possibilità di eleggere un candidato che appartenga a quella è plausibile, mai si verificasse, ecco che Renzi perderebbe per il suo partito la presidenza della Repubblica, oppure il premier sarà tanto abile da indicare un candidato popolare che appartiene comunque al suo partito e farlo accettare ai centristi. In ogni caso gli italiani si chiederanno, se anche nel caso dell’elezione del Capo dello Stato non si trovano di fronte ad un’altra trattativa, ad un mero scambio fra i partiti. Le istituzioni della Repubblica possono morire di consunzione, esattamente come accadde alla Roma antica. E’ un rischio che non sottovalutiamo da quando vediamo questo particolare interesse alle riforme costituzionali, o elettorali che siano, senza che mai se ne compia una capace di assicurare la giusta efficacia. Curioso che la riforma principale capace di concentrare in sé il pregio della stabilità e dell’efficienza, della chiarezza e della decisionalità, non venga proprio considerata. Questa riforma è il presidenzialismo, e ci si arriverà per forza, se per eleggere il Capo dello Stato, siamo sottoposti per un’altra volta ancora a tale pantomima di incontri ed indiscrezioni di palazzo. Se lo eleggano i cittadini il Capo dello Stato, facciamo prima e meglio, visto che chi ha ambizioni in questo senso si deve fare avanti, invece che simulare una suprema indifferenza. Non siamo mai stati sostenitori della forma presidenziale della repubblica, esclusi Valiani e Pacciardi, tutt’altro, ma c’è il rischio che di questo passo lo diventeremo, se non altro come scelta del male minore. Quello peggiore si è assistito in questi giorni. Poi vedremo di preoccuparci a quei bilanciamenti e a quelle garanzie su cui un regime presidenziale deve contare per non trasformarsi in una dittatura. Negli anni ’80 del secolo scorso lo si diceva spesso a riguardo di certi gaullisti dell’ultima ora. Volevano andare in America del nord, e finivano per trovarsi in Brasile o in Venezuela. Un rischio sempre presente, quando si tratta di cambiamenti di sistema tanto profondi come quello che prevede il passaggio dal parlamentarismo al presidenzialismo.

Roma, 29 gennaio 2015